OIKIA#2

15 | 17 ottobre

FARE CASA

FRANCESCA MAFFUCCI di OFFICINE ADDA | FRANCESCA MARIANI
DONATA PICCIOLI | RAHA TAVALLALI |REBARBUS VISSIA
JUANNI WANG

SALA LILIANA INGARGIOLA | Casa Internazionale delle donne

La casa, non è più riducibile a un mero spazio da abitare ma, potrebbe essere definita come una funzione.
Fare casa: appropriarsi di uno spazio, un tempo, porre dei confini all’interno dei quali radicare e poi estendere il proprio io.
Un territorio, non solo di appropriazione effettiva ma, soprattutto, di “contaminazione affettiva”.

Fare casa, come afferma il filosofo Emanuele Coccia, significa cercare la felicità, costruire il proprio benessere, operare per il proprio bene un processo di “addomesticazione del mondo”, disponendo spazi e oggetti intorno a noi, circondandoci di cose.
Fare casa significa sviluppare delle procedure di “adeguazione tra sé e il pianeta”, per produrre “una piega cosmica che fa coincidere per un attimo psiche e materia, anima e mondo”.

Per il secondo week end di “OIKIA: COSE DALLA CASA” abiteranno gli spazi della sala Liliana Ingargiola della Casa Internazionale delle donne sei artiste: Francesca Maffucci di Officine Adda, Francesca Mariani, Donata Piccioli, Raha Tavallali, Rebarbus Vissia, Juanni Wang diverse tra loro ma legate dalla stessa forza espressiva.

A cura di Oriana Picciolini

CONTATTI

Oriana Picciolini Event

www.orianapicciolini.it
tel. 347.8233975

Casa Internazionale delle donne
https://www.casainternazionaledelledonne.org/
Ingresso da Via S. Francesco di Sales 1a
Ingresso Libero

Ingresso consentito ESCLUSIVAMENTE ai possessori di green-pass o certificazione

“Cosa c’è nel mio intimo?”

11 – 16 SETTEMBRE 2021

INAUGURAZIONE SABATO 11 SETTEMBRE ORE 11.00

Comunicato stampa
La prima opera della mostra di arte visiva COSA C’È NEL MIO INTIMO?, dell’artista Roberta Facchin, è
nata nel pieno del lockdown causato dalla pandemia, nell’aprile 2020.
Le problematiche femminili si sono accentuate con la pandemia; durante il confinamento in casa, c’erano donne in pericolo di subire violenza; in seguito, tante hanno perso un lavoro già precario e mal pagato.
L’urgenza di parlarne, anche attraverso l’arte visiva, che ha il potere di comunicare in maniera forte e sintetica molte stratificazioni di significati, è nata con il collage Le verità nascoste della pandemia: un sacchetto di carta incollato al supporto, un sacchetto che rimarrà chiuso per sempre, proprio perché completamente incollato, ovvero il potenziale contenitore di tutte le denunce di violenza non fatte, le violenze nascoste che non verranno mai più rivelate.
Certe “verità nascoste” sono difficili da comunicare senza provocare strappi e dolore.
Per realizzare questa mostra l’artista ha “sospeso” le predilette tematiche che caratterizzano i suoi acquerelli dedicati ai giardini giapponesi e alla filosofia che li sottende.
Nell’attuale esposizione l’artista propone collage eseguiti con materiale di riciclo. Sono nati dalla considerazione che durante il lockdown la pubblicità martellava moltissimo su generi di igiene intima femminile. Infatti, il titolo della mostra COSA C’È NEL MIO INTIMO? fa il verso allo slogan di uno spot.
Molta pubblicità, specialmente rivolta alle donne, ma non solo, è indelicata e non rispetta il loro corpo, perpetuando stereotipi lessicali inappropriati. L’artista è convinta che spesso il linguaggio pubblicitario danneggi la consapevolezza e l’autorevolezza delle donne.
Nel mondo, secondo Roberta Facchin c’è bisogno, invece, di evidenziare i temi che accomunano donne e uomini attraverso un linguaggio fondato su quelli che l’artista stessa definisce “i luoghi comuni della parità e della differenza”, ovvero un sistema di idee, di esperienze, di sentimenti, di comportamenti, di norme scritte e non scritte, cioè un patrimonio morale che rende inconcepibile la discriminazione di genere.
Da artista, Roberta Facchin si è chiesta: “ma, veramente, cosa c’è nel mio intimo?”
Da questa domanda sono riaffiorati molti ricordi personali relativi all’educazione al femminile spesso stereotipata, disattenta e sicuramente non volta a far comprendere che si dovevano avere pari diritti, proprio perché femmine, diverse nella testa e nel corpo dai maschi. Sono nate così le opere Della purezza, Prepara la tavola, Nodo d’amore e Di madre in FILO.
Dalla stessa domanda riemergono gli stereotipi quotidiani dell’educazione femminile, le frasi ripetute ossessivamente anche da mamme, nonne, zie, frasi che ostacolavano e forse sono ancora di ostacolo dentro di noi, femmine e maschi, nel nostro intimo, appunto, alla presa di coscienza da parte degli uomini e delle donne che la differenza di genere non può e non deve essere l’origine di tante discriminazioni. Il linguaggio deve farsi prossimo, anche tramite l’arte, che percorre altre vie, non normative, analogiche, trasformative, alla sfera intima delle donne e degli uomini, e arricchirsi dei “luoghi comuni della parità e della differenza”, dando voce sia ai sentimenti e vissuti corporei ed emotivi femminili differenti da quelli dell’universo maschile, sia a ciò che di bene è stato trasmesso alle donne e agli uomini da donne più consapevoli della loro autorevolezza.
Anche le donne che si sono impegnate tutta la vita in politica o in altri ambiti evidenziano che il lavoro da fare è ancora lungo e duro perché se in alcune società la condizione della donna è migliorata, in altre parti del mondo vige il sopruso.
Per di più, nelle società più avanzate, le donne stesse, oggi, come nel passato, rimarcano inavvertitamente un lessico di matrice maschilista che evade la sorellanza e prepara a una competizione tra donne sempre più “perfette e infallibili”, potenzialmente ineccepibili su tutti i fronti, aprendo la strada a inaspettate nuove sofferenze.
In questa mostra l’artista ha voluto fortemente privilegiare i contenuti da comunicare, lasciando a volte inespressa la ricerca di equilibri e di armonie di forma e di colore nella realizzazione delle opere, equilibri che persegue con determinazione quando esercita il lavoro di acquerellista, pur trattando l’acquerello con metodo non tradizionale sia dal punto di vista tecnico che di contenuti.
Le opere in mostra sottendono con delicatezza e rispetto dell’osservatore queste tematiche, sottraendo intenzionalmente la rappresentazione della violenza nella speranza inesauribile di farla cessare. Sono eseguite con la tecnica del riciclo tramite collage che suggerisce un atteggiamento più green, anche in ambito artistico.
I materiali di riciclo, nelle opere di Roberta Facchin, provengono esclusivamente da depositi della sua casa e del suo studio d’arte, non si tratta di materiali “estranei” raccolti chissà dove ed assemblati. Si tratta, prevalentemente, di materiali di scarto della lavorazione dei suoi acquerelli, metafora di trasformazione e di continua rigenerazione personale.
Alcune opere saranno accompagnate da versi tratti da poesie di Claudia Formiconi, autrice di tre raccolte poetiche: Contrasti, (collana Il Liocorno) Bastogi Editrice Italiana, Foggia, 2013, Scrivo versi nudi, Bastogi Libri, Foggia, 2016, e Stagioni, Edigrafema, Matera, 2020. Coi suoi versi, come bagliori, interpreta, in particolare nella raccolta Scrivo versi nudi, tanto appassionato sentire femminile con “parole tenaci, a volte delicatamente spregiudicate” (Gheti Valente).

NOTE BIOGRAFICHE
Roberta Facchin, vive e lavora a Verona. Predilige la tecnica dell’acquerello su carta di grande formato. Oltre al collage pratica tecniche miste e tempera all’uovo su tavola, tecnica acquisita studiando iconografia. Ha esposto in Italia in numerose mostre personali e all’estero in Croazia e in Austria. Sue opere sono presenti in collezioni pubbliche in Italia oltre che in collezioni private in Italia e all’estero.
E-mail: studioarte.sanfermo@gmail.com

Ingresso consentito ESCLUSIVAMENTE ai possessori di green-pass o certificazione

Le forme dell’attesa

Dal 22 al 25 settembre 2021

Zoe
Zoe è il titolo della nostra opera collettiva. In greco “ζωη” significa vita, l’essenza della vita: quella forza che colma l’universo con una creatività e freschezza inesauribile. È l’energia generatrice, intrinsecamente femminile.
In un momento storico come questo, difficile, di passaggio, ognuna di noi nella sua zolla di argilla, di terra ha messo un pensiero di pace, di gioia, di creatività.
Vogliamo iniziare a raccontare una storia nuova per tutta l’umanità: un futuro per tutti i nostri figli, per tutte le generazioni.
Se proviamo a riconsiderare il nostro progresso, immaginando che l’invenzione più importante per l’umanità non siano state le armi per combattere e difendersi, come ci viene sempre raccontato e dimostrato; ma che, invece, più decisiva sia stata, per la storia dell’umanità, la manifattura di un sacco intrecciato, di una sporta, di un contenitore magari fatto anche con l’ argilla per trasportare e conservare il cibo, per nutrirsi quando non si trovava, per condividerlo, per portare in modo sicuro, avendo le mani libere i bimbi più piccoli durante gli spostamenti, come ci racconta nel suo piccolo e significativo libro “The Carrier Bag Theory of Fiction” Ursula K. Le Guin.

Quest’anno ricorre il centenario della nascita di un’altra studiosa, docente di archeologia Marija Gimbutas, anche lei riporta alla luce nel suo lavoro e in particolare nel libro “Il linguaggio della Dea” la presenza centrale del femminile nella pacifica civiltà arcaica dell’Europa Antica; dove, la manualità e il fare erano al servizio della vita.

Invitiamo tutti, uomini e donne, a partecipare a questo progetto, ad aggiungere a questo “Mandala della Vita” la propria zolla, il proprio impegno per la vita e la terra.

Quest’opera è stata ispirata anche da una rosa bianca che si trova nell’Orto Botanico di Roma il cui nome è Ilaria Alpi, e a Lei la dedichiamo.

Ingresso consentito ESCLUSIVAMENTE ai possessori di green-pass o certificazione